Pazienti difficili: esistono?

I “pazienti difficili“: certamente esistono.

Da molti anni ci occupiamo di gestire terapie “difficili” o complesse. Certamente i pazienti con problemi molto complessi, i pazienti molto esigenti possono essere pazienti difficili, ma il più delle volte i veri pazienti difficili sono i pazienti sfiduciati.

Nel rapporto medico paziente la fiducia è un fattore rilevante ai fini del successo della terapia. Qualunque terapia richiede una dose di adattamento del paziente, qualunque guarigione può presentare dei sintomi, dal fastidio al dolore. Un paziente sfiduciato può interpretare tutto come segno di non riuscita della terapia.  L’interpretazione in senso negativo di ogni sintomo, anche quello più fisiologico,  può determinare, la messa in discussione del programma di terapia, la non collaborazione con quanto prescritto, la sostanziale rottura della cosiddetta “alleanza terapeutica” tra clinico e paziente. Questi sono in assoluto i veri pazienti difficili.

Tipicamente la sfiducia deriva da precedenti esperienze di cura che non hanno corrisposto le aspettative.

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Il più classico e purtroppo frequente esempio di paziente drammaticamente sfiduciato è il paziente che soffre di dolori facciali cronici a partenza dall’articolazione della mandibola o dai muscoli masticatori.

Purtroppo spesso si tratta di un paziente che è stato avviato su un percorso di terapie a carico dei denti per modificarne l’occlusione e in  questo modo “guarirlo” dei suoi sintomi dolorosi.

Mensilmente riceviamo pazienti ai quali tempo addietro è stato dato da qualcuno come spiegazione di un sintomo purtroppo cronico e purtroppo doloroso assolutamente e penosamente autentico “l’incorretto combaciamento dentale” o in altri termini una “malocclusione”. Molti colleghi esperti che si occupano di questo tipo di problemi descrivono la stessa esperienza: pazienti avviati verso terapie estese senza indicazioni adeguate, per risolvere presunti problemi “occlusali”.

Purtroppo in molti casi sono pazienti che, instradati su un binario ad una prima casuale “stazione” hanno iniziato un percorso di terapie relative alla dentatura nella migliore delle ipotesi superflue, purtroppo a volte  anche dannose.

Quello che spesso appare evidente in molti di questi pazienti gia ad un primo colloquio è il trascinarsi di situazioni personali o anche famigliari estremamente complesse.

“Stringi i denti” non è semplicemente un espressione gergale, ma la descrizione di un comportamento fisiologico in stati di stress. Che lo stress sia quello di una malattia cronica, di una sofferenza come un lutto, di un dolore fisico cronico, o anche di tipo diverso (dall’uomo primitivo che fugge inseguito da una tigre, al moderno impiegato alle prese con un superiore aggressivo come una tigre) poco cambia.

Il nostro sistema nervoso centrale in molte situazioni attiva comportamenti che potremmo definire primordiali che comportano un’aumentata attività muscolare dei muscoli masticatori. In tutti questi casi l’incolpevole “occlusione dentale” diventa l’interfaccia sulla quale si scarica ogni pressione, come uno zerbino di casa su cui ci puliamo pesantemente le scarpe sporche. Lo zerbino certamente può consumarsi e nel tempo danneggiarsi, ma è totalmente incolpevole dei problemi o sintomi.

L’idea che la forma o il tipo di contatto dei denti sia la causa dei problemi stessi, l’idea che esista una “malocclusione” che vada a causare per la sua stessa esistenza i sintomi fu una constatazione degli anni ’50-’60. E’ sopravvissuta come pensiero dominante in odontoiatria fino quasi all’inizio degli anni ’90, circa 30 anni fa. Poi una serie di elementi molto chiari e netti hanno reso evidente che l’occlusione non è la causa dei problemi. E dunque è del tutto privo di senso in assenza di problemi strutturali dei denti modificare la chiusura per risolvere questi sintomi.

Un’esperienza ampia e ultra decennale di trattamenti complessi, consente, tra le altre cose, di identificare dove il problema è dentale e intervenire, ma ancora di più dove i denti non sono da toccare e di consigliare il paziente nel migliore dei modi per una gestione realmente efficace della sua sintomatologia dolorosa cronica.

Tra l’altro il più delle volte le terapie sono assolutamente non invasive, estremamente efficaci e (sorprendentemente per alcuni) molto meno costose di un non indicato trattamento odontoiatrico…

 

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